Lo affermano le sezione unite penali.
Non è reato coltivare in casa piantine di cannabis, ma solo se destinate all’uso personale. Lo affermano le sezioni unite penali della Cassazione, con la sentenza depositata oggi, con la quale spiegano il principio di diritto emesso con una informazione provvisoria lo scorso dicembre.
«Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità’ della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente», rileva la Corte, secondo la quale però «devono ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all’ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore».
Le sanzioni previste dall’articolo 75 del Testo unico sulle droghe non si applicano infatti, spiegano gli ‘alti’ giudici, alla «coltivazione domestica destinata all’autoconsumo», perché «tale disposizione non si riferisce in nessun caso alla coltivazione, neanche a quella penalmente rilevante».
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Non costituirà più reato coltivare, in minima quantità e solo per uso personale, la cannabis in casa: è la pronuncia epocale delle sezioni unite penali della Cassazione, il massimo organo della Corte. Il 19 dicembre scorso, infatti, è stato deliberato per la prima volta che «non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore». Viene propugnata così la tesi per cui il bene giuridico della salute pubblica non viene in alcun modo pregiudicato o messo in pericolo dal singolo che decide di coltivare per sè qualche piantina di marijuana.
I kit per la coltivazione dei semi di cannabis sul balcone di casa sono ormai assai diffusi ma fino al 19 dicembre scorso la pratica era del tutto illegale: prima di questa sentenza non c’era mai stata un’apertura vera in questa direzione. La Corte costituzionale in passato è intervenuta più volte sul tema, sposando una linea rigorosa, e così la giurisprudenza ha assunto – dopo alcune isolate sentenze controverse sul tema – una posizione netta. Il principio stabilito era semplice: la coltivazione di cannabis è sempre reato, a prescindere dal numero di piantine e dal principio attivo ritrovato dalle autorità, anche se la coltivazione era per uso personale.