Secondo i ricercatori canadesi, gli estratti di cannabidiolo (CBD), il principale componente non psicoattivo della marijuana, potrebbero contribuire a ridurre del 70 per cento il numero di recettori cellulari utilizzati dal coronavirus per entrare nell’organismo
Impedire l’infezione da coronavirus con composti e sostanze a base di marijuana. Questo è l’obiettivo di un gruppo di ricercatori canadesi dell’Università di Lethbridge ad Alberta, che, in uno studio pubblicato sulla rivista Preprints, e con la collaborazione degli esperti delle società Pathway Rx e Swysh Inc, hanno analizzato circa 400 diversi ceppi di cannabis e identificato una dozzina e che sembrano promettenti nel prevenire l’infezione da Sars-CoV-2 o coronavirus
“Gli estratti di cannabidiolo (CBD), il principale componente non psicoattivo della marijuana, potrebbero contribuire a ridurre del 70 per cento il numero di recettori cellulari utilizzati dal coronavirus per entrare nell’organismo”, spiega Igor Kovalchuk, CEO di Pathway Rx, precisando che sono però necessari ulteriori studi sull’argomento prima di adottare terapie a base di cannabis. Il team ha trattato dei modelli 3D di tessuto orale, polmonare e intestinale con un campione di estratti CBD da piante di Cannabis Sativa.
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Non si tratta di una cura
Non è possibile affermare che lo studio – che deve ancora essere passato dalla peer review e dunque essere pubblicato su una rivista scientifica – confermi l’esistenza di una cura contro il Covid-19 attraverso la cannabis. L’intento dei ricercatori – a seguito di ulteriori indagini – sarebbe quello di proporre una pratica che possa essere d’aiuto nelle terapie contro il Covid-19. Ecco cosa riporta la conclusione dello studio:
“Sulla base dei nostri dati preliminari, estratti di nuove efficaci linee di C. sativa, in attesa di ulteriori indagini, possono diventare un’utile aggiunta al trattamento del COVID-19 e un’eccellente terapia aggiuntiva GRAS.”
In conclusione non si tratta di uno studio passato alla peer review, è stato condotto su tessuti artificiali e non su organismi reali. Si tratta di una classica ricerca preliminare che potrebbe finire nel vuoto. Gli stessi autori parlano della necessità di ulteriori studi e ricerche per proporre qualcosa di un po’ più concreto, materiale che al momento non c’è.
In attesa di nuove ricerche su questo fronte rimane il fatto, scentificamente provato che la cannabis è una vera e proria cura per molte altre patologie